Ciao Ezio. Sono passati dieci anni ma tu sei ancora con noi. Sei ancora in redazione, al Gazzettino, e ci aiuti a preparare il nuovo giornale. Ci consigli su cosa pubblicare e cosa evitare. Ci racconti il passato e i segreti della nostra San Pier d’Arena. Dieci anni da quel 13 febbraio, quando arrivai di corsa a casa tua e ti vidi nel letto, sembrava che tu dormissi e, invece, il tuo cuore non batteva più. Dieci anni, ma a me sembra ieri e ti vedo seduto a casa mia a correggere bozze; ti sento sgridarmi con voce dolce per qualche mio errore nello scrivere e nei miei comportamenti nella vita. Quanti consigli sapevi darmi. Quanti insegnamenti sono riuscito ad apprendere grazie alla tua grande cultura e alla tua immensa intelligenza. Se ancora oggi continuo ogni giorno a dedicarmi al nostro giornale è grazie alla tua presenza costante al mio fianco. Una presenza che ci sarà sempre. Grazie Ezio per quanto mi hai donato. Io ti ricorderò per sempre.
Stefano D’Oria
Caro Ezio, sono già passati dieci anni da quando noi del tuo “Gazzettino Sampierdarenese” siamo orfani di te, da quando siamo stati privati della ricchezza della tua vasta cultura offerta a noi con semplicità e disponibilità, privati dei tuoi interventi sempre così precisi, senza tempo e validi anche oggi. Scusaci se te lo diciamo: anche se da un decennio tu occupi. “la stanza accanto” e ci segui nella nostra quotidianità, noi l’abbiamo accusata la tua assenza e questi dieci anni sono stati per noi malinconici anni di sconforto senza di te al nostro fianco. Personalmente rimpiango i messaggi che a volte ci scambiavamo: i miei forse minimi e banali, i tuoi sempre significativi e densi di affabile sensibilità, di osservazioni che mi sollecitavano a pensare. Il nostro mensile non t’ha dimenticato e t’ha tenuto attuale continuando a pubblicare i tuoi articoli. Questa tua preziosa eredità ti ha fatto sentire ancora al nostro fianco e ha un po’ attutito il nostro dispiacere e la nostra amarezza per il tuo non esserci più. Ma credici, in tutti noi hai continuato ad esserci perché eri (e sei) una persona davvero indimenticabile soprattutto per tanti sampierdarenesi che hai curato con amichevole e devota competenza, trattando tutti come amici e persone di famiglia. Non dimentichiamo né dimenticheremo tutto il bene che hai compiuto a vantaggio di tutti coloro che ti hanno incontrato o hanno avuto a che fare con te.
Benito Poggio
Non ho avuto l’onore di conoscere Ezio Baglini, ma ho capito dai ricordi di tutti voi che è stato un grande uomo e un grande sampierdarenese. Gli sono e sarò sempre grato per tutta la documentazione che ci ha lasciato e che ho sempre utilizzato nelle mie ricerche e nei miei articoli. Grazie di cuore.
Gino Dellachà
Ci siamo frequentati per un per un paio di anni, da quando nel 2011 arrivai per la prima volta al Gazzettino. Mi colpirono da subito i tuoi modi gentili, la tua semplicità, la tua cultura infinita. Una sera in via Balbi Pioverà, di fronte alla sala in cui si facevano allora le riunioni di redazione, non ricordo perché, il discorso cadde su Ernest Hemingway, io ne sapevo veramente poco, ricordo che ti chiesi di un suo viaggio in cui in auto passo per San Pier d’Arena e la descrisse, tu mi spiegasti tutto per filo e per segno di quel racconto, lo ricordo benissimo: la sosta a Sestri Ponente in una trattoria, con lo scrittore che descrisse una malinconica coppia seduta nel tavolo di fronte a lui e tante altre cose. Mi rendo conto che sto scrivendo dandoti del tu, me lo avevi detto appena ci eravamo conosciuti al Gazzettino: ” Siamo colleghi”. Eri una bellissima persona e sono contento di averti conosciuto e frequentato anche se per così poco tempo.
Con affetto, Nicola Leugio
Ho incontrato qualche volta Ezio Baglini in occasione delle riunioni dei Cercamemoria nelle sale della Gallino, e mi colpì perché partecipava poco alla discussione. Se ne stava in disparte a leggere qualche libro tolto dagli scaffali della Biblioteca e restava quasi sempre in silenzio, perciò non abbiamo avuto molte occasioni di dialogo. Tuttavia ho un grande debito di riconoscenza verso Ezio per l’enorme mole di documentazione raccolta con certosina pazienza e messa a disposizione di tutti in internet su Sanpierdarena.net, consultabile dal sito del Gazzettino ed alla quale anch’io ho attinto spesso informazioni per le mie ricerche.
Fulvio Majocco
Gli anni volano. Ma i segni che hai lasciato di te in questo mondo, caro Ezio, sono molti e importanti: valori che vivono non affievoliti, anzi che si trasmettono ancora più forti. A distanza di dieci anni dalla tua scomparsa è grande in noi la gratitudine per averci saputo trasmettere il tuo amore per San Pier d’Arena, la tua passione per la ricerca e l’approfondimento di ogni singolo dettaglio con l’attenzione di non lasciare niente al non esplorato. Sei stato per noi un mentore ma soprattutto un maestro di umiltà e di umanità. Sei stato una persona speciale, di quelle che fanno la differenza. Rimarrai sempre nel nostro cuore.
Mirco e Rossana
Ezio è stato per me una di quelle persone che non sai come definire: un conoscente? Un amico? Razionalmente, considerando le poche volte che ci siamo incontrati in quei sei anni in cui ho avuto il piacere e l’onore di conoscerlo, è stato un conoscente; emotivamente l’ho considerato e nel ricordo continuo a considerarlo un amico. Una di quelle persone in grado di entrare in empatia subito con chi aveva il caso e la fortuna di conoscerlo, un’empatia che saltava tutte le normali fasi intermedie della conoscenza. E ciò a prescindere dalle sue profonde competenze culturali riguardo a San Pier d’Arena o alla medicina; anche se fosse stato – che so – un contadino analfabeta di qualche oscuro villaggio del Terzo Mondo credo che avrebbe comunque avuto il dono di essere un punto di riferimento per le persone che gli capitavano intorno.
Gian Antonio Dall’Aglio
Dirò soltanto che in tutti questi anni non lo ho mai dimenticato, Ezio. È stata una persona straordinaria che ha onorato il Gazzettino sampierdarenese con la sua presenza, apportando cultura ma non solo. Mi piace ricordarlo, soprattutto, per la sua grande umanità. Mi ritengo molto fortunata per averlo conosciuto. Riposa in pace caro dottor Baglini. Il tuo sguardo azzurro è rimasto nel cuore di tutti noi. Grazie.
Laura Traverso
Un bel giorno, qualcuno mi presenta il dottor Baglini. Scopro che ama la sua San Pier d’Arena e mi insegna a scriverne il nome così come l’ho scritto: staccato! Baglini è un medico dagli orari impossibili: sai quando entri e non sai quando esci. «Ezio, ma non puoi fare un po’ più alla svelta?». Mi rispose: «Quando aspetti il tuo turno magari ti annoi un po’, ma poi ti fa piacere quando il tempo lo dedico a te per poterti curare nel modo migliore». Alla fine, forse, chi soffriva di più era la sua “vedova”, cioè sua moglie che lui chiamava così per le assenze di durata infinita dedicate alle visite dei suoi pazienti. Scoprirò nella frequentazione che queste sue “lungaggini” (chiedo venia, Ezio) sono una viva espressione e manifestazione della sua generosità, in campo medico, ma anche in tutte le altre sue attività. Ezio amava la sua San Pier d’Arena; e l’imponente numero di libri che possedeva, veniva da lui compulsato per scoprire, tra le migliaia di migliaia di parole, quelle relative a San Pier d’Arena così da poterle registrare dapprima su un quaderno, poi anche su un sito Internet. Fu lui che mi introdusse nel “Gazzettino”; ne conobbi gli autori e cominciai a collaborare fino ad arrivare a gestire una pagina completamente in lingua genovese. Si fece socio della Compagna; come suo solito, non rimase inattivo, ma cominciò a catalogare i libri della biblioteca e a sollecitarne l’aumento. Questo lavoro fu così importante che A Compagna decise, dopo la sua dipartita, di intitolare a lui la propria biblioteca. Molte erano per me le occasioni di stare con lui. Una pacchia! Avevo a disposizione in qualunque momento un bravo medico a cui porre i miei problemi di salute e quelli dei miei cari. Un medico generoso e competente che sapeva indicare sempre la strada da seguire per risolvere i problemi che gli sottoponevo. Così, appena si liberarono due posti tra i suoi pazienti, scelsi lui come mio medico di famiglia: io il papa, lui l’archiatra. Una sera, un martedì, di ritorno dalla conferenza dei “Martedì de A Compagna”, lo vidi un po’ abbacchiato: «Stai bene Ezio?» «Si certo, nessun problema». La mattina dopo fui informato che Ezio, il caro amico Ezio, compagno di tante iniziative e di tante discussioni, era mancato.
Franco Bampi
Mi rendo conto, a distanza di dieci anni dalla scomparsa improvvisa e irreparabile di Ezio, che i sentimenti allora suscitati in me sono ancora vivi come allora. Quante volte in tutto questo tempo l’ho idealmente ritrovato sul filo di indagini che inevitabilmente vanno a parare sui siti Internet che raccolgono i frutti della sua instancabile opera di ricerche storiche. Tra noi si erano cementate piccole abitudini insostituibili. Spesso ci si sentiva quando il giornale era in fase di correzione. A volte lo pregavo di controllare una data, una parola. Ma non ce n’era bisogno, perché Ezio, dall’alto della sua cultura e della sua umanità, era già intervenuto ad emendare l’errore, così come, da medico, debellava le malattie dei suoi assistiti. Il ricordo più indelebile di lui resta quello dell’ultimo incontro: venerdì 8 febbraio 2013, pochi giorni prima che mancasse. Da mesi eravamo d’accordo che l’avrei accompagnato a fare un sopralluogo a un edifico di pregio storico che si trova nella parte alta dell’area ospedaliera: la turrita Voliera cinquecentesca di scuola alessiana, che faceva parte dell’originale parco della Villa Imperiale-Scassi. Quella mattina però Ezio si presentò all’improvviso. Ci incamminammo su per l’erta che porta alla Voliera (“Colombaia” mi corresse) e poi lungo la scala a chiocciola della torretta, fino a uscire sulla terrazza. Nessun segno faceva presagire la tragedia incombente. La giornata invernale era radiosa. Per combinazione – ripensandoci oggi, quasi telepatica – proprio quella mattina era venuta anche a me l’idea di portarmi dietro la macchina fotografica. In quell’occasione ho scattato alcune fotografie per me preziose. Sono, credo, le ultime immagini di Ezio su questa Terra. L’ultima lo ritrae dall’alto, mentre mi precede nello scendere la stretta scala verso l’uscita.
In quella comune, lenta discesa concentrica mi sono sempre parsi riecheggiare, sin da allora, i versi di Cesare Pavese:
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.
Marco Bonetti
Il ricordo di Ezio Baglini che mi è rimasto nel cuore è quello di una persona assai schiva ed apparentemente introversa, ma sicuramente piena di “sostanza” umana e professionale. La sua esperienza negli scout credo abbia caratterizzato tutta la sua vita contribuendo in modo ampio alla formazione di un carattere concreto, sobrio, affidabile, appassionato di umanità e di tutto quanto ne fa parte. Se dovessi riassumere in estrema sintesi, direi che Ezio Baglini si poteva definire “uno che c’è”. Sì, perché in ogni cosa che faceva lasciava traccia e soprattutto era presente e disponibile. Medico apprezzatissimo e “vecchio stile”, sempre pronto a seguire chi avesse bisogno; protagonista della vita del Gazzettino come redattore, correttore delle bozze e molto altro; socio de “A Compagna di Zeneizi” che gli ha dedicato la propria biblioteca; socio dei Cercamemoria sin dai primi passi; appassionato studioso e raccoglitore di tracce storiche anche minime; uomo che sapeva anche essere molto spiritoso con battute precise ed efficaci. Ho un solo rammarico, quello di aver potuto frequentarlo di più e parlare con lui liberamente solo negli ultimi anni della sua vita. Conservo nella memoria un’immagine di Ezio con quel suo maglione (forse fatto a mano) che portava spesso, forse un po’ come una riedizione della famosa “coperta di Linus”. Si, forse non sbaglio nell’associarlo ai simpaticissimi Peanuts. Penso che se lo avesse conosciuto Schultz che li disegnava, forse ne avrebbe preso spunto per un personaggio pronto ad ascoltare e curare la ragazzina appena uscita da uno “scorboraduno”. Grazie Ezio.
Pietro Pero
Quando sono entrata a far parte della redazione del Gazzettino, undici anni fa, Ezio mi ha accolto con la cortesia del gentiluomo che era. Avrei scoperto poi che conosceva ogni particolare della storia e dell’arte di San Pier d’Arena e ne ho approfittato per approfondire la conoscenza del territorio. Lo ricordo, i suoi occhi chiari e potenti, fissi sui fogli quando correggeva le bozze. Io scarabocchiavo le pagine, lui faceva segni con matita precisi, un codice che ha tentato più volte di insegnarmi. Spesso allungava la sua strada per accompagnarmi verso casa e le chiacchierate con lui mi lasciavano sempre un che di buono.
Abbiamo percorso meno di due anni insieme, ma ogni volta che comincio a leggere le bozze del Gazzettino, lo sento presente in redazione.
Marilena Vanni
Sono già passati dieci anni da quando Ezio Baglini ci ha lasciato. Sembra impossibile. Ricordarlo è facile: ogni giorno, in redazione, capita almeno un’occasione in cui lo si nomina, si consulta il suo prezioso sito, si riguardano i vecchi articoli che scriveva con passione per il Gazzettino. O, semplicemente, lo ricordiamo dicendo “dovremmo chiederlo a Ezio” oppure “certo che se ci fosse Ezio, lui se lo ricorderebbe”. Era riservato, schivo, il suo sorriso era timido, ma aveva la grande qualità di capire bene le persone e sapeva sempre dire la cosa giusta al momento giusto, dando consigli o risposte anche prevenendo le domande. Il suo lavoro in redazione era prezioso; correggevamo le bozze del giornale, discutendo a volte di etimologie o regole grammaticali; mi raccomandava sempre di insegnare bene a scrivere ai miei studenti perché lo reputava fondamentale. Ricordarlo è facile, ma è anche difficile perché la nostalgia, spesso, prende il sopravvento.È vero, è come se Ezio fosse ancora con noi; ce lo siamo detto e lo abbiamo scritto tante volte in questi giorni. La verità, però, è che purtroppo Ezio non c’è più e ci manca irrimediabilmente.
Sara Gadducci