Tra la serata di venerdì 10 e la notte su sabato 11 maggio 2024, i cieli d’Italia si sono accesi di un colore rosso vivo e violetto, cogliendo di sorpresa migliaia o addirittura milioni di italiani.
La Terra ha attraversato la più intensa tempesta geomagnetica degli ultimi 21 anni, la tempesta solare che ha causato aurore a basse latitudini e fenomeni atmosferici associati particolarmente diffusi e intensi per tutta la notte e visibili fino al sorgere del Sole.
È stata una serata di portata veramente storica, con l’aurora boreale che si è vista praticamente da tutta Italia, addirittura a sfiorare la Libia. Per risalire a qualcosa di simile, anzi addirittura forse un po’ più intensa, bisogna tornare all’ottobre 2003.
Tutta un’intera porzione del cielo è stata occupata dai tipici ‘pilastri’ dell’aurora, di color rosso vivo, e, nella fase più intensa, si è pure scorto all’orizzonte il colore verde.
Tutto è stato causato da una serie di intensi brillamenti solari (‘solar flares’), ai quali sono seguiti importanti espulsioni di massa coronale o CMEs (‘Coronal Mass Ejections’), cioè getti di plasma che avvengono quando il campo magnetico solare accumula grandi quantità di energia in una zona circoscritta per poi rilasciarla tutta insieme all’improvviso, principalmente elettroni e protoni, ma anche piccole quantità di elementi più pesanti, come elio, ossigeno e ferro.
Qual è la causa di questo affascinante fenomeno celeste ?
L’attività solare è aumentata notevolmente nei primi giorni di maggio 2024, a causa della formazione di due regioni attive molto grandi.
La prima regione è stata AR 3663, nel quadrante nord-orientale del Sole, che, tra il 3 e l’8 maggio scorso, ha prodotto una decina di brillamenti solari molto intensi, tra i quali spiccano quelli di classe X:
- X1.60 -> venerdì 3 maggio alle ore 2:11 UTC
- X1.32 -> domenica 5 maggio alle ore 5:47 UTC
- X1.20 -> domenica 5 maggio alle ore 11:41 UTC
- X4.52 -> lunedì 6 maggio alle ore 5:38 UTC
- X1.00 -> mercoledì 8 maggio alle ore 1:33 UTC
Nessuno di questi ha però prodotto delle CME significative. Questo è importante da sottolineare perché sono le CME a causare le tempeste geomagnetiche. Infatti sulla Terra non è successo quasi nulla, fatta eccezione per alcuni blackout radio temporanei generati dai flare in sé (disturbi radio R1-R3).
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Figura 1: (1) Disco solare dell’8 maggio, con le due recenti macchie solari e quella di Carrington a confronto [1], e (2) zoom fotografico su AR 3664 [2].
La situazione è cambiata con la formazione nell’emisfero sud di un altro gruppo molto esteso di macchie solari (‘sunspots’) – la regione AR 3664 – che ha determinato forti eruzioni solari.
La regione era apparsa a inizio mese ma, tra il 7 e l’8 maggio, è esplosa in dimensioni, raddoppiando in 24 ore, fino a raggiungere la dimensione pari allo 0.24% della superficie solare il 10 maggio … molto più grande del pianeta Giove e addirittura oltre 15 volte il diametro della Terra (quasi 200.000 km da un capo all’altro).
L’Evento di Carrington: le somiglianze con la situazione attuale tra dimensioni e complessità magnetica.
Nonostante quello che si possa pensare, non sono le dimensioni a contare, bensì la struttura del campo magnetico. La configurazione di AR 3664 si è mostrata da subito molto complessa magneticamente, tanto da ricordare il gruppo di macchie che il primo settembre del 1859 si rese protagonista della più potente tempesta solare mai registrata: l’Evento di Carrington, che causò una tempesta magnetica così potente da far brillare l’aurora boreale fino a latitudini insolite, come Cuba e le Hawaii, e persino in Italia, ma anche blackout prolungati sul Canada (a quei tempi però non avevamo la tecnologia attuale).
Tornando all’evento dei giorni scorsi, i brillamenti solari più importanti dalla regione solare AR 3664, di classe maggiore X, sono stati in ordine cronologico, dall’8 al 15 maggio scorso:
- X1.00 -> mercoledì 8 maggio alle ore 4:37 UTC
- X2.25 -> giovedì 9 maggio alle ore 8:45 UTC
- X1.12 -> giovedì 9 maggio alle ore 17:23 UTC
- X3.98 -> venerdì 10 maggio alle ore 6:27 UTC
- X5.89 -> sabato 11 maggio alle ore 1:10 UTC
- X1.54 -> sabato 11 maggio alle ore 11:15 UTC
- X1.02 -> domenica 12 maggio alle ore 16:11 UTC
- X1.72 -> martedì 14 maggio alle ore 2:03 UTC
- X1.25 -> martedì 14 maggio alle ore 12:40 UTC
- X8.79 -> martedì 14 maggio alle ore 16:56 UTC
- X3.48 -> mercoledì 15 maggio alle ore 8:18 UTC
Quindi, dall’8 maggio in avanti si è configurata una situazione promettente: le CME successive sono state più veloci e in grado di raggiungere e sommarsi a quelle partite prima. Giornalisticamente questo fenomeno è chiamato “CME cannibale”, e fa sì che più tempeste deboli possano diventarne una sola molto intensa.
Giovedì 9 maggio, il NOAA SWPC (Space Weather Prediction Center) ha emesso un avviso per Tempesta Geomagnetica G4 (Grave), poi elevato a G5 (Estrema). Questo è stato senza dubbio un evento inusuale.
Solo 3 Tempeste Geomagnetiche Severe sono state osservate durante questo ciclo solare che è iniziato nel dicembre 2019: l’ultima G4 (Grave) era stata emessa il 23 marzo 2024 (mentre il 22 febbraio scorso vi era stato un brillamento di classe X6.3), e l’ultima G5 (Estrema) è stata la Tempesta di Halloween dell’ottobre 2003, quando interruzioni di corrente hanno interessato la Svezia e si erano danneggiati diversi trasformatori di corrente in Sud Africa.
La prima CME proveniente dal Sole ha impattato il campo magnetico terrestre intorno alle ore 19:20 di venerdì 10 maggio, ad una velocità di ben 2.500.000 km/h, aprendo un varco nella magnetosfera terrestre permettendo così alle particelle cariche di raggiungere la nostra atmosfera, dando inizio a questa tempesta geomagnetica. Guidate dal campo magnetico della Terra, queste particelle sono state deviate quindi verso i Poli, dove in alta quota hanno interagito con l’ossigeno che in tutta risposta ha reagito producendo quelle luci verdi e rosse che chiamiamo aurore polari.
Gli indici del disturbo geomagnetico terrestre.
Sebbene la tempesta magnetica sia stata meno intensarispetto a quella del 1859, la CME che l’ha innescata è stata significativa, consentendo comunque il raggiungimento di valori notevoli.
Il disturbo geomagnetico viene misurato principalmente da due indici:
- Indice K planetario o Kp index (dove ‘K’ sta per il termine tedesco ‘Kennziffer‘ che significa ‘cifra caratteristica’ ) – un numero adimensionale ricavato unendo le osservazioni da parte dei magnetometri di tutto il pianeta, e va da 1 a 9. L’indice Kp misura il disturbo della componente orizzontale del campo magnetico terrestre e quindi è un perfetto indicatore di quanto intensa potrebbe essere la tempesta geomagnetica (usato sin dal 1983). Associate a Kp, possiamo individuare sei classi d’intensità: dalla classe con Kp < 5, con la quale non si osserva nessuna fluttuazione significativa, alle classi con Kp = 8 (tempesta di classe G4 – Grave) e con Kp = 9 e più (tempesta di classe G5 – Estrema).
Questo indice Kp è subito schizzato ad un valore di 8, ma alle 00:54 italiane dell’11 maggioè arrivato a 9, per la prima volta dal 2003, classificando così la tempesta geomagnetica come G5 (Estrema), la categoria più alta di tutte. - Indice Disturbance Storm Time (Dst), che è misurato in nanotesla [nT] – valore che è associato all’intensità delle correnti ad anello che avvolgono il nostro pianeta e che vengono caricate dall’arrivo della tempesta solare. Più è negativo e più forte è la tempesta geomagnetica. Questo indice ha toccato il valore di -412 nT alle 3:00 UTC (ore 5 italiane) dell’11 maggio 2024, un livello che non veniva registrato dal 2003.
Per un termine di confronto, le citate tempeste di “Halloween” 2003 raggiunsero un Dst molto simile (-415 nT), mentre quella storica del 13 marzo 1989, che lasciò al buio l’intero Quebec, fu di -590 nT. Infine, l’Evento Carrington raggiunse un Dst stimato in -1760 nT !
Va detto che classe e indice Kp non sono garanzia di aurore: per esempio, a fine marzo ci fu una tempesta geomagnetica G4 con Kp 8, quindi con tutte le carte in regola per avere aurore in Italia, ma non abbiamo potute osservare nulla. Questo perché la tempesta iniziò mentre in Europa era pieno giorno. Non basta quindi che la CME colpisca la Terra, poiché il suo campo magnetico deve essere orientato in maniera corretta:
- Il vettore del Campo Magnetico Terrestre ha il nord che punta verso l’alto (Nord geografico), e questo significa che la componente verticale magnetica (Bz) della CME deve essere orientata al contrario (verso sud) per non essere respinta. La CME che ha raggiunto la Terra tra 10 e 11 maggio aveva un Bz negativo, addirittura di -50 nT.
- Altro fattore importante da considerare è il vento solare, sia nel campo della densità di flusso che in relazione alla sua temperatura e alla velocità. Quest’ultima ha raggiunto 700-800 km/s tra venerdì 10 e sabato 11 maggio, per poi attestarsi su valori di 900-1000 km/s tra sabato 11 e domenica 12 maggio. Domenica sera erano ancora abbastanza sostenuti i valori di velocità e temperatura del vento solare (800 km/s e 106 K), sono infatti i più lenti a rientrare.
- Infine la potenza aurorale sviluppata nei due emisferi durante l’evento. Si notano, dalla Figura 3.5,i picchi delle 22:30 UTC del 10 e delle 01:40 UTC dell’11 maggio, risultati ben visibili nel nostro cielo notturno, con potenza emisferica fino a raggiungere i 360 GW. Alle 14:00 UTC dell’11 è iniziato il decadimento della potenza, scomparsa alle 22:30 UTC dell’11 maggio. Visibile anche il picco di attività minore alle 03:00 UTC del 12 maggio.
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Figura 3.1-5: (1) Indice K planetario durante la tempesta (orari UTC) [1]; (2) indice Dst [nT] nel corso della tempesta del 10 e 11 maggio (orari UTC) [1]; (3) potenza aurorale [GW] sviluppata nei due emisferi nel corso dell’evento [1]; (4) la velocità del vento solare [km/sec] e (5) la componente verticale del campo magnetico terrestre [nT], registrate l’11 maggio 2024 [3].
La tempesta di radiazioni provenienti dal Sole.
La tempesta geomagnetica, indotta dal disturbo del campo magnetico terrestre, non è l’unica manifestazione dell’attività solare sul nostro pianeta. Esistono altre due manifestazioni: il blackout radio e la tempesta di radiazioni. Il primo è indotto da raggi X prodotti dai brillamenti solari, che ionizzano l’alta atmosfera impedendo la propagazione delle onde radio a bassa frequenza sulle lunghe distanze. La seconda è invece indotta da protoni ed elettroni solari ad alta energia che bombardano l’atmosfera terrestre, in particolare sopra i poli (dove vengono convogliati dall’imbuto del campo magnetico terrestre).
I problemi ai satelliti e all’ambiente spaziale non sono infatti generati dalla tempesta geomagnetica, che genera le aurore e colpisce le strutture terrestri, ma dalla tempesta di radiazioni. Le particelle cariche (principalmente protoni) si accumulano sulle superfici metalliche dei satelliti, andando a causare problemi significativi su diversi aspetti della tecnologia e delle infrastrutture moderne: interruzioni di corrente elettrica, di comunicazioni satellitari, GPS e sistemi di navigazione, interferenze radio.
Le costellazioni di satelliti Starlink hanno subìto una grande pressione, ma nessun problema di orbita è stato segnalato. Tempo fa per una tempesta solare meno intensa qualche Starlink deorbitò, ora presentano caratteristiche che li rendono più stabili.
Attualmente la stragrande maggioranza dei dispositivi elettronici sulla Terra presenta una schermatura elettro-magnetica, quindi i problemi più grossi, nel caso di un evento simile a quello di Carrington, li avrebbero satelliti e stazioni spaziali, se in traiettoria.
Anche nel caso della salute degli astronauti (o nei casi estremi dei passeggeri negli aerei di linea) è la tempesta di radiazioni a essere d’interesse, perché i protoni penetrano nei tessuti e possono danneggiare il DNA.
Figura 4.1-2: (1) Flusso dei protoni solari tra il 7 e il 14 maggio 2024 così come misurato dal satellite geostazionario GOES-18 [1] e (2) focus sul flusso protonico ≥ 10 MeV per l’11 maggio 2024 [3].
La tempesta di radiazioni, definita come il flusso di protoni più energetici in atmosfera, è misurata in pfu o protoni / (cm2·s·sr), con sr = steradiante. Si può passare da una tempesta di radiazioni S1 (Minore) con valori superiori a 10 pfu, fino alla classe S5 (Estrema), quando si supera un flusso di 100 mila pfu.
Nel nostro caso, l’arrivo della CME è stato preceduto dal graduale aumento del flusso di protoni energetici ad alta velocità, tanto che alle ore 16:00 del 10 maggio, siamo entrati in tempesta di radiazioni S1 (Minore) e alle 19:45 in tempesta S2 (Moderata) al momento dell’impatto con picco di 206.9 pfu, portando a blackout radio moderati alle basse frequenze nell’emisfero illuminato. Il flusso si è poi ridotto ed è rimasto stabilmente in tempesta S1, sulla soglia che separa la tempesta S1 dalla quiete, finché AR 3664 non ha liberato un vero e proprio brillamento mostro di classe X5.7 delle 03:20 italiane.
La botta è stata talmente forte che dopo pochi minuti la Terra è stata raggiunta da protoni molto più energetici (linee verde e blu in Figura 4.1, con energia 5 e 10 volte superiori) sono stati riportati al limite tra tempesta S1 (lieve) e S2 (moderata). Lì è rimasta per gran parte di sabato 11 maggio, per poi iniziare gradualmente a diminuire e uscire dalle condizioni di tempesta alle 13:45 UTC di domenica 12.
Per quanto riguarda i blackout radio, la scala passa da piccoli disturbi (R1) a estremi (R5). La Tempesta Solare “Cannibale” ha registrato disturbi radio R3. Così, sono scattati i protocolli di protezione delle reti elettriche e delle infrastrutture critiche più a rischio di essere danneggiate dalle condizioni geomagnetiche. Le comunicazioni ad alte frequenze sono state difficoltose, così come la navigazione utilizzando i satelliti GPS.
Aurore polari o SAR ? Entrambi i fenomeni celesti possono coesistere.
La tempesta geomagnetica ha generato un’ampia aurora boreale che si è estesa su gran parte dell’emisfero settentrionale, come dimostrato anche dalle seguenti elaborazioni grafiche (vedi Figura 6). Sul continente europeo, l’aurora ha raggiunto una latitudine prossima al 48° parallelo. L’aurora boreale rappresenta un indicatore diretto dell’intensità raggiunta da una tempesta geomagnetica
Nelle ore serali e notturne si sono susseguite varie “folate” di vento solare (e nuovi brillamenti fino alla classe X5.89) che, impattando contro il campo magnetico terrestre, hanno dato vita alle spettacolari aurore fotografate in tutta Europa appena fatto buio.
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Figura 6.1-2: Ovali aurorali (1-3) per l’emisfero boreale e (4) per quello australe, con la probabilità di vedere l’aurora, tra venerdì 10 sera e sabato 11 maggio pomeriggio (rispettivamente per gli orari UTC, in alto a sinistra nelle figure) [5].
Le località a nord del Paese hanno ovviamente potuto osservare un fenomeno molto più intenso e colorato rispetto a quelle del centro e del sud. I fenomeni aurorali, immortalati da molti fotoamatori e astrofotografi sono stati visibili da tutta Italia, fino in Sicilia (sono state avvistate addirittura dalle Canarie). Quello che ha colorato i nostri cieli è stato un mix di fenomeni:
- Al Sud Italia, quindi a latitudini più basse, l’unico fenomeno che è stato possibile osservare è stato il SAR (‘Stable Auroral Red arc’ ovvero ‘Arco Rosso Aurorale Stabile’, osservato anche a novembre 2023), proprio per la lontananza dalla sorgente aurorale. Questo presenta la colorazione monocromatica prevalentemente rossa ed è spesso considerato come la fase iniziale di un’aurora, presentandosi molto più tenue nel cielo. Parliamo di enormi spostamenti di energia termica nella Termosfera, inoltre, quando è visibile, il SAR ha una durata di circa pochi minuti, proprio per la velocità di questi trasferimenti di energia.
- Al Centro-Nord Italia è stata invece osservata l’aurora boreale vera e propria o comunque un mix, proprio per la maggiore vicinanza di latitudine e per le pennellate o striature in cielo, dalle variopinte colorazioni verdastre, rossastre e violacee. Soprattutto nel corso del secondo impulso (verso le ore 00:30 italiane dell’11 maggio) alcuni fotoamatori in Italia hanno anche catturato luci verdi appena sopra l’orizzonte, confermando quindi la tesi.
I due fenomeni comunque non si escludono: possono anche verificarsi insieme ed essere visibili contemporaneamente alle latitudini italiane.
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Figura 6.1-2: Differenze tra un (1) episodio di SAR (novembre 2023) e una vera e propria (2) aurora boreale (tra 10 e 11 maggio 2024), fotografie entrambe dalla stessa località, Stroppiana (VC) [6].
Nei 21 anni che sono trascorsi dall’ultima tempesta geomagnetica di tale portata (ottobre 2003) sono cambiate tantissime cose: in primo luogo, sono nati i social network e questo ha dato particolare rilevanza all’evento. In secondo luogo, le webcam che trasmettono immagini panoramiche h24 si sono moltiplicate come funghi, specialmente negli ultimi 10 anni, e quindi è stato possibile testimoniare il fenomeno con estremo dettaglio e in tempo reale.
Le aurore non hanno interessato direttamente i cieli nazionali, infatti l’anello aurorale si è trovato infatti sopra alla Germania e alla Francia settentrionale, molto più a meridione del normale ma comunque a nord delle Alpi. Le aurore però sono un fenomeno molto esteso verticalmente: la cima delle cortine luminose raggiunge i 600 km di quota. Questo significa che le aurore possono essere visibili anche da molto lontano, fino a 1000 km di distanza, se luminosa e con le condizioni giuste. Ecco perché guardando verso nord è stato possibile cogliere il vivido bagliore rossastro del SAR e il violetto / verde delle aurore, basso sull’orizzonte.
Per comprendere meglio, possiamo immaginare la parte superiore dell’atmosfera terrestre come un vorticoso brodo di plasma, il quarto stato della materia, composto da particelle cariche chiamate ioni.
A volte, il plasma in movimento può formare brevi e veloci flussi ionici subaurorali o SAID (‘SubAuroral Ion Drift’), e sebbene siano evidenti e interessanti nei dati satellitari, sono invisibili a coloro che guardano dal suolo.
Ogni tanto però, un tipo particolarmente veloce di SAID fluisce così intensamente da diventare visibile, accogliendo gli osservatori del cielo con uno spettacolo viola e malva glamour. Queste luci scintillanti, che si presentano come una sorta di evoluzione dei SAR a formare una pennellata rosa chiaro e luminosa, sono chiamate appunto STEVE (‘Strong Thermal Emission Velocity Enhancement’).
I colori dell’aurora: elementi gassosi che si eccitano danzando nel cielo.
Facciamo un passo indietro, definendo cosa sia una macchia solare.
Una macchia solare è una regione sulla superficie del Sole più scura perché più fredda, ed è causata da intense attività magnetiche che riducono il flusso di energia e calore dalla parte interna del Sole alla superficie.
Quando queste macchie raggiungono un’intensa attività magnetica, possono generare fenomeni come le eruzioni solari o le espulsioni di massa coronale (CME), che possono liberare grandi quantità di particelle energetiche e, quando queste impattano con il campo magnetico terrestre, possono causare una tempesta geomagnetica.
Le particelle cariche che provengono dal Sole, instradate dal campo magnetico terrestre, colpiscono l’atmosfera che si carica di energia e appena può la riemette. Possiamo considerare l’atmosfera terrestre come composta da tante particelle di materia simili a molle: quando arriva una scarica di energia la molla si comprime ma, appena può, si distende e ritorna allo stato energetico precedente. Durante una tempesta geomagnetica, le particelle solari interagiscono con il campo magnetico della Terra, causando variazioni e fluttuazioni che possono estendersi dalla ionosfera fino al suolo terrestre.
Il campo magnetico – che è uno scudo per la Terra e la protegge – viene, quindi, a volte investito dalle particelle solari e può capitare che alcune di esse penetrino nella nostra atmosfera nelle zone polari.
Figura 7: Schema dei vari colori dell’aurora polare [7].
Qui gli atomi di azoto ed ossigeno vengono “eccitati” ed emettono una luce per tornare al loro stato fondamentale.
Da cosa dipende il loro colore ?
A seconda dell’elemento gassoso presente nell’atmosfera il colore sarà diverso: l’ossigeno emetterà principalmente una luce nelle gradazioni del verde-giallo, mentre l’azoto irradierà una luce nel blu, rosa o nelle gradazioni del rosso-viola. Ecco perché le aurore polari si presentano solitamente in colori dalle tonalità del verde, giallo, rosso, rosa e viola. Anche la quota a cui avviene l’incontro tra particelle solari e particelle dell’atmosfera, così come l’energia delle particelle solari influirà sui colori delle aurore. Questo perché la composizione dei gas nell’atmosfera varia allontanandoci dalla superficie terrestre.
Aurore visibili dall’Italia: anche in Liguria il cielo dà spettacolo!
Sui social media le foto hanno cominciato a circolare verso le 21:00 di venerdì 10 maggio 2024 fino a notte inoltrata, quando lo spettacolo dell’aurora boreale si è mostrato nei cieli italiani con colori dal magenta al rosso acceso.
Tantissime le segnalazioni arrivate da tutta Italia: in tutte le regioni del Nord e del Centro lo spettacolo astronomico si è potuto vedere anche a occhio nudo, con svariati avvistamenti anche in Sardegna e nelle regioni del Sud come Abruzzo, Molise, Basilicata e Sicilia. Il fenomeno luminoso nel nostro Paese ha tinto di rosa il cielo su diverse città d’Italia come Roma, Milano, Bologna, Firenze, Torino e Genova !
Le aurore boreali stanno diventando in questi mesi sempre più frequenti in Italia per via dell’aumento dell’attività magnetica del Sole, che si sta avvicinando al suo picco massimo.
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Figura 8.1-2: L’aurora boreale e SAR da -> (1) Col del Lys tra le valli di Lanzo e Susa (TO), foto di Marco Alla [9]; (2) Etna, in Sicilia, foto di Giancarlo Tinè [9].
Non sono mancate di certo foto spettacolari dalla Liguria, anch’essa location privilegiata per l’osservazione dell’aurora, specialmente grazie ai cieli sereni. Di certo, c’è una notevole differenza tra le foto scattate dal centro di Genova, che presentano colori più tenui, e quelle dalle zone più buie collinari e dalle aree montuose, anche grazie ad una maggiore esposizione di luce delle fotocamere.
Spiccano le foto davvero mozzafiato del fotoamatore William Demasi dal Monte Fasce (vedi Figura 9.2-4), appena alle spalle del capoluogo ligure. Una grande quantità di foto da tutta la Liguria hanno testimoniato la portata dell’evento celeste: dai Piani di Praglia al Passo del Faiallo, dal Porto Antico di Genova al Forte Sperone, dalla Val Trebbia e Val Polcevera al Rifugio La Terza (rilievi imperiesi), e ancora da Finale Ligure a Sestri Levante, ma anche Sassello, Torriglia e tutto l’entroterra spezzino.
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Figura 9.1-4: L’aurora boreale da -> (1) Genova Porto Antico, foto di Andrea Ferrando [10]; (2), (3) e (4) Monte Fasce, alle spalle di Genova, foto di William Demasi [11] [12].
Aurore visibili dall’Europa Settentrionale e dalle altre parti del globo.
La tempesta geomagnetica estrema ha portato aurore boreali più intense sui Paesi del Nord Europa, in Scandinavia (specialmente in Lapponia, come in Figura 10.3), Islanda e alle Isole Lofoten, ma anche in Svizzera, Francia (in Figura 10.1, una foto scattata da Mont Saint-Michel), Isole Britanniche, Irlanda, Germania, Slovacchia, Croazia, Slovenia, Repubblica Ceca, Romania, Danimarca, Polonia, Olanda, Portogallo e probabilmente altri Paesi.
Spettacolare è il collage – in Figura 10.2 –che mostra l’evoluzione dell’aurora dalle 00:20 alle 00:50, ottenuto dalla webcam di Hochfuegen, in Austria appena oltre il confine.
Questa webcam a 360° e alta sensibilità notturna mostra il fenomeno in corso in tutta la sua bellezza, permettendoci persino di analizzare più nel dettaglio quanto è accaduto:
- agli estremi dell’arco colorato ci sono due zone rosso scuro: quello dovrebbe essere il SAR, protagonista degli avvistamenti di novembre e probabilmente quanto si sta vedendo dalle latitudini più meridionali dell’Italia;
- le pennellate violette dovrebbero rappresentare, invece, un fenomeno che avviene all’interno del SAR, che si chiama STEVE, di cui abbiamo parlato nei paragrafi precedenti;
- infine, in verde si vede chiarissima l’aurora vera e propria, che ha raggiunto i cieli della Germania centrale, come visibile da questa prospettiva di vantaggio.
Le aurore si sono viste in tutta Europa anche a latitudini molto meridionali, persino alle Isole Canarie e in Libia, ma anche in Russia (diverse foto sono state scattate da Mosca e San Pietroburgo), e perfino in Cina settentrionale.
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Figura 10.1-3: L’aurora boreale da -> (1) Mont Saint-Michel, foto di Mathieu Rivrin [13]; (2) Hochfügen, in Austria [4]; (3) Lapponia, in Finlandia, foto di Lorenzo Mirandola [14].
Le aurore polari sono state anche avvistate anche nel resto del mondo, come dagli Stati Uniti d’America e dal Canada (vedi Figura 11.3-4): dai cieli del Midwest alle popolose megalopoli costiere degli USA, dai Grandi Laghi (in Figura 11.1, una foto scattata dal Lago Superiore) all’Alaska. Poiché può raggiungere altezze di 150 miglia sopra la superficie, è stato possibile osservarla fin dal Golfo del Messico (in Figura 11.2, una foto scattata dal Texas) !
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Figura 10.1-3: L’aurora boreale da -> (1) Lago Herbert dall’Alberta (Canada), foto di Paul Zizka [15]; (2) dall’Osservatorio astrofisico di Rothney, a Calgary (Canada) – via Canadian Landscapes [16]; (3) l’aurora boreale osservata in tutta l’America Settentrionale, da tutti i 50 stati, venerdì 10 maggio sera [17].
Le aurore sono state avvistate in entrambi gli emisferi. Pertanto anche l’Australia ha potuto godere di uno spettacolo di luci incredibile. La Tasmania, così come la Nuova Zelanda, sono stati punti privilegiati per osservare il fenomeno celeste, come si nota dalle immagini in Figura 11.1-2.
Aurore australi sono state osservate anche dal Cile e dall’Argentina, in America Meridionale.
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Figura 11.1-2: Fotografie che raffigurano l’aurora australe, osservata dalla Tasmania Meridionale, scatti di Luke Tscharke [18].
Aurore polari dallo spazio: la Terra incoronata di luce e l’osservazione privilegiata dalla ISS.
Il mosaico in Figura 12.1 – realizzato con i satelliti meteorologici in orbita polare del NOAA e della NASA (NOAA-20, NOAA-21 e S-NPP) – mostra la situazione delle aurore terrestri durante questa tempesta geomagnetica.
Si può apprezzare molto bene come il centro dell’anello, coincidente con il polo geomagnetico terrestre, sia molto spostato rispetto al polo nord geografico, al centro dell’Oceano Artico. La sua posizione nel nord del Canada rende il continente nordamericano più favorito del nostro per l’osservazione di questi eventi.
Spettacolari immagini dell’aurora boreale sono state riprese dal passaggio dell’ISS sui cieli polari (vedi Figura 12.2).
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Figura 12.1-2: (1) Mosaico di immagini da satelliti in orbita polare del NOAA e della NASA (NOAA-20, NOAA-21 e S-NPP), in cui è mostrata la situazione delle aurore boreali durante la tempesta geomagnetica [19] [4]; (2) luci aurorali dalla Stazione Spaziale Internazionale, sempre nella tarda serata del 10 maggio scorso [20].
Un’altra CME e la fine della tempesta solare.
L’attività geomagnetica ha continuato per tutta la notte e fino al pomeriggio di sabato 11 maggio (vedi Figura 6), per poi scemare gradualmente. Pertanto, anche le aurore si sono potute osservare solo a latitudini più consone. Trascorsa anche la domenica abbastanza tranquilla, la CME annunciata dal NOAA per domenica 12 pomeriggio si è finalmente degnata di farsi vedere. Dalle 20:00 di sabato 11 sera che il vento solare stava rallentando e aumentando di densità, mentre contemporaneamente il Bz interplanetario ha preso a puntare sempre più a sud. Questo ha stimolato l’attività aurorale, che alle 00:30 di lunedì 13 maggio ha raggiungo i 130 GW di potenza e accelerato il vento solare da 800 a 850 km/s triplicando di densità.
I magnetometri sulla Terra hanno registrato il disturbo, e questo ha fatto alzare l’indice Kp, che ha superato quota (tempesta geomagnetica G2).
Le condizioni di disturbo moderato sono continuate per qualche ora. Come sabato, anche domenica notte non si sono potute vedere aurore dall’Italia. Le due immagini, in Figura 13, mostrano la regione AR 3664 in luce H-alfa: si nota quanto sia cambiata in appena 24 ore. Da notare la complessità della fotosfera solare e le protuberanze sul bordo.
Figura 13: Due immagini, scattate da Andrea Vanoni, che mostrano la regione AR 3664 in luce H-alfa a distanza di appena 24 ore (sabato 11 e domenica 12 maggio) [4] [21].
Mentre la regione attiva AR 3664 stava tramontando al di là del bordo del disco solare a noi visibile, questa non si è data ancora per vinta, essendo una regione molto grande e complessa, e alle 18:56 italiane del 14 maggio ha registrato un nuovo brillamento che ha raggiunto la classe X8.79 … il più potente dell’intero attuale ciclo solare, e agli stessi livelli del più potente brillamento del ciclo precedente (un X9.2 a settembre 2017). L’evento è stato associato ad un forte blackout radio di livello R3 (Forte) direttamente sul Nord America (come visibile in Figura 14.2).
La regione ha chiuso in bellezza con un ultimo brillamento di classe X3.48 alle ore 8:18 del 15 maggio, per scomparire poco dopo: sembra quasi la fotocopia di quanto accaduto nel 2003: all’epoca però si trattò di un X45, una bordata che se ci avesse preso in pieno avrebbe causato non pochi problemi.
Il Sole ruota su sé stesso in circa 27 giorni (dipende dalla latitudine) e quindi c’è la possibilità che la macchia ricompaia fra circa 2 settimane dall’altro lato del disco.
Staremo a vedere; nel frattempo il Sole continua a essere crivellato di macchie e regioni attive, anche se più piccole e semplici.
Figura 14: (1) La CME prodotta dal brillamento di classe X8.79 ed una seconda CME in movimento più veloce relativa all’evento M4.4 nel quadrante nord-orientale, che si è diretta lontano dalla Terra, associata alla regione AR 3682, teoricamente la più energica tra le due CME [22].
Conclusioni: cicli solari e prospettive future.
Un altro blackout radio R3 (Forte) è stato provocato da un flare di classe X2.99, che è stato osservato alle ore 14:30 UTC del 15 maggio 2024, questa volta, però, da una regione diversa: una regione non numerata che è emersa nelle ultime ore dal bordo sud-orientale del disco solare, probabilmente la vecchia regione AR 3655. A causa della posizione della sorgente, la CME associata non è stata però un problema per la Terra.
(1) (2)
Figura 15.1-2: Grafici che mostrano (1) il numero di macchi solare e i cicli solari associati dal primo gennaio 1749 al primo aprile 2024, e (2) le macchi solari negli ultimi 3 cicli [3].
In conclusione, quindi, quella tra venerdì 10 e sabato 11 maggio 2024, è stata una notte che difficilmente ci dimenticheremo, a meno che in questo massimo del ciclo solare 25 (11 anni con picco tra il 2024 e la prima parte del 2025), nei prossimi giorni o nei prossimi mesi non si ripeta un evento del genere … non si sa mai.
*** Aggiornamento 30 maggio 2024 ***
In questi ultimi giorni la macchia solare AR 3664 (rinominata come AR 3697) ha compiuto mezzo giro del globo solare, comparendo dal bordo opposto del disco solare. Fin da subito la macchia ha cominciato a produrre nuovi brillamenti, uno di classe X2.9 il 27 maggio e un altro di classe X1.45 il 29 maggio, ma al momento non siamo nella loro traiettoria.
Nei prossimi giorni la macchia si sposterà nuovamente e gradualmente verso il centro della faccia visibile del Sole, e le eventuali eruzioni solari saranno rivolte direttamente verso la Terra, quindi nuove possibilità di aurore polari alle basse latitudini e possibili problemi alle telecomunicazioni.
Ciò non vuol dire però che tutto questo sia certo, questi fenomeni sono infatti imprevedibili. Non ci rimane che monitorare la situazione e vedere quanto la regione solare sarà attiva.
Lorenzo Mario Bozzo
Riferimenti bibliografici:
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