Non è esagerato quanto abbiamo titolato: davvero il crollo del viadotto Morandi della A10 ricorda immagini tristemente note del tempo di guerra. Sono le 11,45 di questo tranquillo 14 agosto 2018, con la gente che si ripara dalla pioggia intensa ma rinfrescante dopo tanta calura. Ovviamente le autostrade segnalano traffico intenso. Tutto come da copione ampiamente consolidato. All’improvviso, tra i tuoni ed i lampi del temporale un boato ancora più forte scuote la gente: la campata centrale del ponte si sbriciola in poco tempo, collassando sul Polcevera e su edifici civili ed industriali sulle rive. E’ un cataclisma. Molte auto ed alcuni camion precipitano di sotto, mentre altri si arrestano miracolosamente restando sui tronconi con davanti a loro il nulla, ed una paura nelle ossa che resterà per sempre in loro. Al momento in cui scriviamo le notizie dalla Protezione Civile indicano almeno 22 morti ed una decina di feriti, ma il computo purtroppo non è ancora terminato dato che ci vorrà tempo per estrarre da sotto i pezzi del ponte le auto ed i camion che sono rimasti imprigionati. Ovviamente ci si augura che il bilancio non cresca e che sia ridimensionato dopo le prime notizie, ma l’evento è sicuramente molto devastante. A San Pier d’Arena, e nelle altre zone limitrofe, è il caos. La chiusura precauzionale di alcune vie (Porro e Fillak) sottostanti i resti del ponte ha causato lo sfollamento di diverse decine di persone, che ora vengono ospitare dalla protezione civile nel centro civico Buranello. Siamo stati a verificare la situazione, e purtroppo tale struttura (peraltro sono in corso lavori) non ha le caratteristiche adatte per ospitare decine di persone, che mentre parlavamo con alcuni addetti, stavano affluendo. Sguardi smarriti e nei loro occhi l’interrogativo logico e perfettamente comprensibile: quanto staremo qui? Come ci ospiteranno? dove ci sistemeremo? Qualche persona malata è stata dirottata all’ospedale Villa Scassi, in piena emergenza come gli altri ospedali genovesi, ma i sani devono rimanere al centro civico, in attesa di sapere se i resti del ponte sono o non sono un pericolo per le loro case. Una volontaria della protezione civile ci dice che stanno arrivando le brandine; alcuni esponenti della giunta municipale stanno affluendo per aiutare nel coordinamento. Il traffico, come dicevamo, è impazzito e semi paralizzato, tanto che i veicoli di soccorso passano direttamente contromano in via Cantore lato mare, dato che la corsia a monte è intasata. Giornataccia dunque per Genova, per San Pier d’Arena e soprattutto per coloro che hanno avuto danni o vittime. Le linee telefoniche sono state per alcune ore sovraccariche, per l’intensa ricerca di parenti dopo che si era sparsa la notizia del crollo. Ognuno voleva giustamente sapere dove si trovassero i congiunti, e lo choc per tutti è stato grande anche per chi non ha avuto conseguenze dirette. Ora Genova, spezzata in due, dovrà capire come ripristinare i collegamenti col ponente e la val Polcevera, impresa assolutamente titanica data l’entità del disastro, che ha generato improvvisamente un panorama e problematiche simili agli anni della guerra. Genova si riprenderà, sicuramente, ma ci vorrà l’aiuto di tutta l’Italia ed una coesione tra cittadini davvero forte. Una lode commossa alle decine di membri delle Forze dell’Ordine, delle Pubbliche assistenze, della Protezione Civile, degli straordinari Vigili del Fuoco che si arrampicano su pezzi di ponte con coraggio davvero eroico.
Pietro Pero